La notte della sinistra è un libro è irritante ma necessario. Sempre che vi sia rimasto un po’ di spirito critico e la voglia di mettere in discussione le vostre certezze. Nelle sue 164 pagine c’è una messa sotto accusa della Sinistra occidentale, vergata dalla penna di uno che di sinistra lo è da sempre. Federico Rampini, corrispondente della Repubblica da New York, si ribella alla retorica politically correct che ha svuotato di contenuti – e di consensi – quella che dovrebbe essere l’ala più progressista della politica, mettendone in luce le contraddizioni.
Si comincia dalla critica a chi difende a priori le minoranze del mondo intero, ma dimentica di guardare in faccia i disagiati di casa propria, aprendo così la strada alle destre sovraniste pronte a cavalcarne la rabbia. Si parla di una sinistra che non sa più dialogare con la propria base – quella che un tempo si chiamava classe operaia e che oggi non si sa più come chiamare – e i cui rappresentanti vengono ormai identificati con l’establishment, con la classe dirigente. Una sinistra che salva le banche, concede sgravi e incentivi alle multinazionali e poi presenta il conto alla classe media e ai ceti meno abbienti. Una sinistra che preferisce attaccare gli avversari Trump e Salvini, come un toro che vede rosso, anziché prendersi la briga di entrare nel merito dei problemi e proporre delle soluzioni, magari alternative.
Il libro corre avanti e indietro nel tempo e nello spazio, portando esempi concreti. Dagli anni ’60 ad oggi, dall’Italia agli Stati Uniti, dall’Asia all’Africa passando per l’Europa. Si parla di immigrazione, di mercati finanziari e politica estera, di Internet. C’è un capitolo intitolato “Ambientalisti con la Tesla da centomila euro” che non ha bisogno di spiegazioni, credo. E ce n’è anche per #MeToo, con le sue contraddizioni e ipocrisie.
Un libro necessario, dicevo. Non perché si debbano sottoscrivere tutti gli argomenti di Rampini. Io non lo faccio, ad esempio. Sono disposto a seguirlo nel momento in cui dice (rielaboro con parole mie) che incolpare se stessi (nel senso dell’Occidente) di tutti i mali del mondo, significa essere ingenui. Ma penso anche che non si può tirare una riga sul passato (colonialismo, imperialismo, ecc.) e ricominciare da capo come nulla fosse. E non solo perché le ripercussioni della prepotenza occidentale non sono mai finiti, ma perché l’Occidente non ha mai smesso di essere imperialista e prepotente, seppure in modi sempre nuovi. Non possiamo semplicemente dire, ad esempio, che la Cina è peggio di noi, sleale e antidemocratica, e che per questo dobbiamo farci sentire. Se dobbiamo farlo è alla luce di ciò che siamo stati e che ancora siamo: una causa determinante di tutto questo, e non solo perché la nostra leadership economica e culturale è in declino e rischiamo, prima o poi, di passare dalla parte dei dominati.
La notte della sinistra è un libro necessario per un altro motivo: per l’approccio critico e spietato che suggerisce. Insegna a informarsi meglio, a non parlare per slogan, a non ragionare per categorie già confezionate da altri. Ad alzare la mano e dire: Non sono d’accordo, le cose non sono così semplici. Solo in questo modo (conclusione mia, non di Rampini) la sinistra potrà rinascere su basi solide e consistenti invece di crollare (o dividersi) al minimo soffio di vento.