I migliori maestri sono quelli che non hanno nessuna pretesa di insegnare. Quelli che partono dalla consapevolezza che scrittori non si diventa per una trasmissione di nozioni e tecniche, ma grazie ad un percorso personale, per ciascuno diverso, fatto di talento, una montagna di letture e tanta pratica. E fallimenti.
Non aspettatevi, leggendo questo libro di Patricia Highsmith, di scoprire trucchi o schemi per costruire una trama intricata e ricca di colpi di scena: Come si scrive un giallo non dice molto su come si scrive un giallo. Racconta piuttosto come si scrive un libro di qualità, a prescindere dell’etichetta di genere che gli verrà data, con l’aiuto di esempi pratici e aneddoti autobiografici.
La lezione più importante che ho tratto da questo libro è la necessità di mantenere un atteggiamento umile. Non ci si crederebbe, ma una scrittrice di quel calibro si è vista rifiutare molti manoscritti, anche quando era già affermata e premiata. Eppure la Highsmith non parla con livore di questo o quell’editore che si sono permessi di non accettare il suo lavoro. Racconta invece con obiettività gli avvenimenti, i problemi che i manoscritti avevano, i momenti di scoraggiamento, le riscritture e il suo reagire con ottimismo scrivendo nuove storie.
Nonostante non abbia l’aspetto di un manuale, con le sue 142 pagine, Come si scrive un giallo è ben congegnato e tocca molti aspetti interessanti per gli aspiranti scrittori.
Come nascono le idee e come diventano storie
Il primo capitolo parla di come nascono le idee per i libri, spesso accostando due diverse intuizioni apparentemente lontane che possano reagire tra loro creando un conflitto interessante (una cosa simile sostiene anche Stephen King nel suo On writing). Per avere buone idee bisogna saper cogliere gli spunti dal mondo esterno e avere una buona immaginazione per trarne una storia originale. È importante, raccomanda la Highsmith, circondarsi della gente giusta (evitate gli altri scrittori!), o ancor meglio cercare la solitudine per “accorgersi del proprio inconscio o essere ricettivi nei suoi confronti.”
È raccomandato avere sempre con sé un taccuino a cui si potrà attingere nei momenti sterili: “…alcune idee potrebbero improvvisamente cominciare a muoversi; due idee potrebbero unirsi, forse perché fin dall’inizio erano fatte per combinarsi.”
Una volta avuta l’idea, non basta congegnare una trama piena di colpi di scena: “Gli stratagemmi forniscono un passatempo labile, e non ci si può aspettare che i lettori intelligenti ci si divertano.” Così, nel secondo capitolo, l’autrice spiega l’importanza di dare profondità alla storia rappresentando le più sottili emozioni dei personaggi. Per questo lo scrittore deve essere ricettivo, aperto alle esperienze emotive, e annotarle quando le prova per poterle poi usare.
Nello stesso capitolo la Highsmith tocca un punto a mio parere rilevante del processo creativo. Scrivere e concludere con successo un libro, spiega, comporta un certo slancio e una certa convinzione. È un lavoro enorme, che richiede una buona dose di fiducia in se stessi, e può darsi che i primi tentativi siano degli insuccessi. “Se ciò accade, uno scrittore non deve pensare di essere incapace, o finito. […] Esistono altre storie, là dove è nata la prima.” Quindi ci vuole ottimismo. Va bene, spiega l’autrice, sentirsi in lutto per un manoscritto respinto (ma respinto davvero, circa venti volte!), ma dopo qualche giorno è bene farla finita con l’autocommiserazione e mettersi di nuovo al lavoro.
È una buona idea conservare tutto: scalette, spunti, racconti brevi. Potrebbero tornare utili. E prendete sempre appunti, anche magri e insignificanti, perché mentre lo fate potrebbe silenziosamente svilupparsi una trama.
Sviluppare l’idea: trama e personaggi
Poi l’idea va sviluppata, e qui vengono i guai e il divertimento. Bisogna conoscere i propri personaggi in modo da poterli rendere in modo nitido nella scrittura. Per questo, prima di iniziare a scrivere, è bene prendersi il tempo per familiarizzare con loro, preoccuparsi per loro, altrimenti non si riuscirà a fare in modo che lo faccia il lettore. Anche l’ambientazione deve essere familiare a chi scrive e la trama deve essere resa più fitta attraverso un certo numero di complicazioni che il protagonista dovrà affrontare. Bisogna inoltre stabilire come il protagonista uscirà dalla storia (vincitore o vinto?) e che tipo di atmosfera si vuole creare (tragedia o commedia?).
La trama però (e qui il punto di vista dell’autrice è opposto a quello di molti insegnanti di scrittura creativa con cui ho avuto a che fare) non deve essere rigida, e non dovrebbe essere decisa fino in fondo. I personaggi devono essere liberi di muoversi e prendere decisioni, altrimenti risulteranno degli automi. Lo scrittore deve conservare una certa curiosità verso la storia che sta scrivendo: “Scrivere narrativa è un gioco, e uno ci si deve divertire.”
Un problema specifico del genere giallo (e aggiungo thriller, noir, ecc.) è quello di rendere simpatico il protagonista, anche se è un criminale. Questo perché il lettore deve potersi identificare. Il consiglio di Patricia Highsmith è di dargli tutte le buone qualità possibili: generosità, gentilezza, amore per l’arte…
Quanto a come sviluppare una trama, si consiglia di fare una scaletta capitolo per capitolo, elencandone i punti salienti e chiedendosi in che modo fa avanzare la storia.
Lo scrittore deve essere originale e giocare al massimo con la credulità del lettore, ma deve stare attento a non spezzarla: “Sorprendere e stupire il lettore, e basta, è un trucco di bassa lega, soprattutto se avviene a spese della logica.”
Stesure, intoppi e revisioni
Nel sesto capitolo si parla della prima stesura del libro. L’incipit è importante, e la Highsmith preferisce una prima frase in cui ci sia movimento e si introduca un conflitto, senza spiegarne subito le ragioni.
Nel leggere la prima pagina il lettore non deve essere affaticato da particolari inutili, che potrà conoscere più avanti. Dovrà invece sentirsi coinvolto e interessarsi alla sorte dei personaggi. Solo così sarà curioso e propenso a continuare a leggere. Bisogna anche dosare con saggezza le munizioni: gettare subito il lettore in una scena emotiva è uno spreco, perché il lettore non conosce ancora i personaggi e non può identificarsi.
Se la trama può non essere decisa fino in fondo, è bene però avere un’idea precisa delle proporzioni del libro in termini di cartelle editoriali. Questo perché, nel mondo reale, ogni libro ha un mercato di riferimento e per entrarci, talvolta, la lunghezza del libro è un fattore determinante.
È importante, durante la prima stesura, non perdere il contatto con la storia e i suoi personaggi. È bene scrivere continuativamente, organizzandosi il tempo in modo da avere momenti in cui scrivere senza interruzioni. “È essenziale che abbiate un senso di orgoglio nel vostro lavoro, e se permettete interruzioni e accettate inviti il vostro orgoglio lentamente si sgonfierà.” E ancora: “Non occorre sentirsi un mostro per esigere ogni tanto due o tre ore di assoluta tranquillità.”
Nel settimo capitolo Patricia Highsmith parla degli intoppi, ovvero di tutti quei guai, piccoli o grandi, che si incontrano durante la stesura di un libro. Mentre quelli piccoli si risolvono in fretta, ad esempio riscrivendo una frase, quelli grossi rischiano di far saltare il progetto. Se durante la scrittura i conti non tornano e la storia non funziona come si era pensato, è bene ritornare all’idea originale e capire cosa è andato storto. Questo può comportare cambiamenti alla trama o ai personaggi, ed è un lavoro lungo e faticoso, ma indispensabile se si vuole salvare il libro. Per evitare questi problemi è una buona idea pianificare almeno le 30-40 pagine successive, o il capitolo successivo a quello che si sta scrivendo.
Per decidere da quale punto di vista raccontare la storia, lo scrittore deve tener conto che per rendere coinvolgente la narrazione deve potersi identificare con la voce narrante. Quindi dovrà scegliere un personaggio con cui avrà delle caratteristiche in comune, a meno che non si senta in grado di colmare la distanza con la propria abilità. Il punto di vista, ovviamente, può anche essere più d’uno, creando così un cambiamento di vista e di atmosfera che movimenta la storia.
Una volta finita la prima stesura del libro, inizia la seconda. Bisogna rileggere per intero la prima stesura senza interrompersi, per vedere che effetto fa nel suo insieme, dove ristagna, dove non è chiara. Si possono prendere veloci appunti sulle modifiche da fare e farle in un secondo momento. Un criterio di prima importanza durante la revisione è la chiarezza, che in genere è una giuda anche per uno stile buono.
Infine, per chi ha la fortuna di averne uno, vengono le revisioni richieste dall’editor. Quelle più richieste per gli scrittori di gialli riguardano le procedure della polizia e altri aspetti tecnici, e richiedono tempo e fatica nel reperire informazioni corrette da fonti affidabili. Nel 2019 Michele Frisia (esperto di balistica ed ex agente di Polizia) ha scritto un manuale utile a questo scopo.
Giallo, suspense, thriller, noir: sono solo etichette
L’ultimo capitolo spiega in parte il motivo per cui Come si scrive un giallo non spiega davvero come si scrive un giallo. Secondo la Highsmith giallo è solo un etichetta, un limite all’immaginazione. Quando ha scritto Sconosciuti in treno, non pensava di scrivere un romanzo di suspense, ma soltanto un romanzo. Quando fu pubblicato gli fu affibbiata quell’etichetta, e da allora tutti i suoi romanzi furono catalogati in quel modo, anche quando non contenevano delitti.
Per questo uno scrittore di gialli, se vuole migliorare se stesso e portare prestigio a questo genere, deve puntare alla qualità della scrittura in senso più allargato. Deve avere visione interiore, carattere, e saper aprire nuovi orizzonti nella mente del lettore.
Il libro
- Titolo: Come si scrive un giallo – Teoria e pratica della suspense
- Autrice: Patricia Highsmith
- Anno prima edizione: 1966
- Traduzione: Fiorella Cagnoni e Silvie Coyaud
- Prefazione: Andrea Camilleri
- Edizione: Minimum Fax, 2015
- Pagine: 150