Come smarcarsi da un personaggio negativo: l’esempio di Money di Martin Amis

Ogni autore sulla faccia della Terra deve fare i conti con questo problema: come faccio a non essere identificato con i personaggi delle mie storie? Come faccio a far capire a quel testone del lettore, che magari mi conosce personalmente (la mamma, la zia, il marito…) che il protagonista del romanzo o del racconto non sono io? È una questione sottovalutata, in scrittura creativa, e mette in crisi più di quanto si possa pensare. Soprattutto se si tratta di un personaggio scomodo, negativo, spiacevole. Soprattutto se… un poco ci somiglia.

Le strategie sono molte, vanno dall’uso della terza persona (al posto della prima) all’utilizzo della narrativa di genere per creare una distanza tra il proprio mondo ordinario a quello della storia. Possiamo caratterizzare il personaggio in modo diverso da noi: se siamo alti un metro e quaranta diremo che è un giocatore di basket, se siamo introversi diremo che è un chiacchierone; gli appiopperemo qualche segno particolare che non ci appartiene, come una gamba di legno o un misterioso accento nord coreano, e così via. Ma non servirà a niente, scusate se ve lo dico.

E poi non lo dico solo io, lo diceva Borges, e di lui ci si può fidare un po’ di più.

“Sì, io credo che, alla fine, tutto ciò che si scrive è autobiografico. Solo che questo può significare: ‘Sono nato il tal anno, in tal posto’ oppure ‘C’era una volta un re che aveva tre figli.”

J.L. Borges

Chi vi conosce cercherà sempre un indizio e verrà a chiedervi: ma parla di te, di me, di noi? Quindi la soluzione ideale sarebbe non porsi proprio il problema e scrivere, non perdere tempo ed energie forzando la storia, l’ambientazione e i personaggi per motivi esterni. E questo per una ragione molto semplice: come scrive Stephen King nel suo On Writing, per essere credibili bisogna dire la verità, e tutte queste manovre ci allontanano dalla verità. Nella fiction possiamo mentire su tutto, ma non sul nostro punto di vista sulla storia. E guarda caso, di solito, è proprio quella che fa male. E che ci smaschera.

Nella mia vita di lettore, però, il modo più geniale di aggirare il problema l’ho trovato nel romanzo di Martin Amis, Money. Un testo geniale che si fonda proprio sul suo personaggio principale, John Self, messo in scena in modo tanto brillante da tenere in piedi una sostanziale assenza di trama. John Self, regista di grossolani spot pubblicitari, fa avanti e indietro tra Stati Uniti e Regno Unito per preparare il suo debutto nel mondo del grande cinema. E intanto beve, si nutre di pornografia, non fa che masturbarsi, fare risse e andare a prostitute. E soprattutto spende soldi, tanti soldi. Un castello di denaro che gli passa il produttore Fielding Goodney e che non si capisce bene come possa stare in piedi, dal momento che nessun personaggio fa nulla per guadagnarli, dal regista alle star del cinema che gli girano intorno. Un castello destinato a crollare, infatti, sulle sue stesse fondamenta. In questo Money, scritto nel 1984, racconta anche una generazione e una società: quella illusa e beffata dai soldi, la nostra.

Il personaggio, anche se si finisce col volergli bene, è davvero spiacevole, e il libro è raccontato in prima persona. Facile, insomma, che lo si identifichi col suo autore e che si pensi: Mio dio, questo Amis è proprio un pervertito. E qui viene il colpo di genio (chissà se intenzionale o meno): John Self una sera entra in un pub, ovviamente per bere. Al bancone incontra un altro personaggio della storia, uno scrittore della zona che conosce di vista. Si chiama Martin Amis…

Esatto! L’autore è anche un personaggio della storia, quindi non può essere John Self. Amis non si limita a incontrare Self al pub, ma entrerà in gioco più tardi, quando l’aspirante regista cercherà di rimettere in sesto una sceneggiatura che non funziona.

Ecco quindi un altro libro che insegna a scrivere, e non solo per questo espediente davvero geniale. Leggetelo, ne vale la pena.

Money Martin Amis

Il libro

  • Titolo: Money
  • Autore: Martin Amis
  • Traduzione: Susanna Basso
  • Edizione: Einaudi, 2011
  • Pagine: 467

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