Il fattore Me Gusta

6 – 9 febbraio

Sbarchiamo a Picton martedì sera alle 6:30. L’aria è fresca delle piogge appena finite, le pecore nei pascoli sono ancora impregnate d’acqua, ma il colore del cielo sembra dire: “Da qui in avanti è tutto in discesa.”
Il porta-biciclette continua a traballare, ma decidiamo che non ci serve un meccanico. Se il bullone del gancio di traino è bloccato non possiamo serrarlo, è vero. Ma di certo non si sviterà neanche, e questo è un punto a nostro favore. Leghiamo comunque il tutto al portellone posteriore della macchina con una vecchia camera d’aria. Se non altro, qualunque cosa dovesse succedere, ci trascineremmo dietro la ferraglia fino a fermarci, senza rischiare di ammazzare qualche povero motociclista. La soluzione sembra reggere, il traballamento diminuisce, ma continuiamo a tenere un occhio sullo specchietto.

Mettiamo il nostro lamierone sulla strada per Nelson, la prima città importante dell’Isola Sud. Sappiamo esattamente cosa vogliamo: viaggiare in tutte le direzioni fino ad arrivare a Bluff, estremità sud della Nuova Zelanda, e nel frattempo guardarci attorno per decidere in quale luogo mettere nuove radici. Abbiamo bisogno di lavorare ancora qualche mese prima di partire per la Cina e, come è stato per Taupo, non vogliamo che sia in un posto qualsiasi. Deve essere un luogo in cui la mattina esci di casa e dici: “Ok. Mi spetta una giornata di odiosi sbattimenti. Però, minchia!” Abbiamo anche preparato una tabella in cui annotare i servizi presenti nei vari luoghi (Internet, supermercati, biblioteche…) e il nostro indice di gradimento rispetto al paesaggio, espresso in voti da uno a dieci. La colonna più importante è quella chiamata “Fattore Me Gusta!”, ovvero una valutazione in base all’entusiasmo e all’ottimismo che un luogo suscita in ciascuno di noi due (nel mio caso cerco di capire quanto, in un dato luogo, la catastrofe mi sembri meno imminente).
Ci fermiamo a dormire in un’area di sosta nei pressi di una riserva naturale. È ormai notte e Nelson è ancora lontana. Il mattino seguente ci svegliamo all’alba al suono di nocche sul finestrino. Per la prima volta nella nostra lunga carriera di barboni su ruota gommata qualcuno si incazza e ci caccia. È l’omino delle pulizie, sostiene che qui non si può campeggiare. Con l’alito della prima parola detta al mattino ci scusiamo, un po’ rimbambiti dal sonno. Diciamo che non abbiamo visto cartelli. Lui ne indica uno nell’angolo del parcheggio: non l’avevamo visto ieri, era troppo buio. Riprendiamo la strada e arriviamo in città prima di mezzogiorno. Ci fermiamo giusto il tempo di una doccia a pagamento e di dare un’occhiata in giro. Abbiamo voglia di andare e andiamo.
Altro che viaggiare in tutte le direzioni… Il terzo giorno già mi sento un ottantenne: mi sveglio infreddolito alle cinque del mattino ed esco dalla macchina con un “Ahi! Ahiahiahi!” Cammino verso il bagno chinato in avanti, col dorso della mano appoggiato sulla schiena. Laura dorme ancora: alla sua giovane età l’incontinenza è ancora solo un concetto, una roba da vecchi col pannolone.
Dopo colazione (pane e Nutella, che come lo prepara Laura nessuno mai) mi metto al volante e nel giro di mezz’ora mi viene mal di testa. Stiamo diretti a Cape Farewell, estremità nord-occidentale dell’isola. Per arrivarci c’è una sola strada, lunga circa 150 km, e dovremo ripercorrerla tutta in senso inverso prima di continuare il nostro viaggio verso sud, dato che non ci sono altre connessioni.
Tutti questi acciacchi mi mettono di pessimo umore. E in più sento le vocine nella testa. Una dice: “Sbrigatevi, trovate il posto che vi piace, lavorate quanto basta e poi partite! È ora che ti avvicini a casa: non lo vedi come sei messo?” Un’altra dice “Vai almeno oltre quella collina a vedere cosa c’è. L’ultima e poi basta!” Mi fermo al lato della strada col motore acceso e fisso il volante. Io e Laura valutiamo seriamente la possibilità di tornare indietro, visto che il cielo è nuvoloso e rischiamo di farci un sacco di chilometri per poi dover stare chiusi in macchina e non vedere niente. “Andiamo solo fino a lì” propongo, indicando la cima della collina che abbiamo davanti.
Di collina in collina arriviamo a Cape Farewell e mi passa tutto: “Minchia!” Per la gioia di Laura smetto anche di lagnarmi delle mie sventure e mi godo la scogliera, i pascoli, le grotte, le foche addormentate. E il mare.
Percorsi i 150 km al contrario comincia la nostra vacanza-esplorazione dell’Isola. Un’isola più grande di quella Nord, ma meno popolata: poche città, poche strade, tante pecore. Le montagne sono più alte e i paesaggi ancora più estremi nella loro sfacciata bellezza. Fiumi e laghi ovunque e poche, poche case. Ma noi stiamo cercando una città, perché è dove c’è la gente che c’è lavoro. Vogliamo una città piccola ma ben servita, possibilmente affacciata sul mare o su un lago. Magari ai piedi di qualche montagna.
Le città della costa nord, Nelson e Motueka, ci sono piaciute molto, ma non ci hanno fatto innamorare. Percorriamo tutta la parte centrale dell’Isola in soli due giorni, passando in rassegna le città della costa ovest: Westport e Greymouth. Tutte gli altri centri abitati segnati sulla mappa sono praticamente inesistenti, agglomerati di poche case in mezzo ai campi. Compiliamo diligentemente la nostra tabella, ma abbiamo la sensazione di non aver ancora trovato quello che stiamo cercando.
Le cose cambiano più a sud, nella regione dei laghi. Laghi dai colori cangianti in mezzo alle montagne ancora bianche di neve sulle cime. Silenzio sulle rive, solo il fruscio delle poche auto che percorrono le strade costiere.
Ci fermiamo all’ora del tramonto sul lago Hawea, spegniamo il motore e ci affacciamo sullo specchio d’acqua. Il silenzio trasmette quiete e allo stesso tempo incute timore per una natura ancora selvaggia, non piegata ai bisogni urbanistici e industriali.
La stanchezza è ripagata dalla consapevolezza di essere vicini alla meta. Bluff non è più così lontano e in mezzo ci sono città che promettono di essere interessanti. La nostra tabella freme per essere riempita e lo sarà presto. Intanto cerchiamo un posto per la notte e lo troviamo a Lake Hawea. La temperatura è ideale e ci addormentiamo soddisfatti, ignari del brutto risveglio che ci aspetta.

 

Cape Farewell

 

Sono scemo

 

A Cape Farewell

 

Sono scemo 2
Laura contempla il lago Hawea

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